Heinz Beck, la Sicilia, l’arte e “la pasta col tenerume”

Heinz Beck, la Sicilia, l’arte e “la pasta col tenerume”

Ogni artista per creare le proprie opere si serve di una musa ispiratrice: è stato così per Dante con Beatrice, per Leopardi con Silvia, per Leonardo da Vinci con la Gioconda, e anche per Heinz Beck con la sua Teresa.
Certamente creatività, fantasia ed immaginazione sono fondamentali per la riuscita di un piatto; la scelta delle materie prime, l’abbinamento di sapori e le tecniche di lavorazione degli ingredienti possono rendere ben equilibrata la portata, ma senza “quel qualcosa in più” difficilmente quella pietanza avrà lo stesso appeal di un’altra pietanza nata da un emozione, un momento condiviso o un gesto, ed è proprio quello il quid che spesso fa la differenza.
E lo sa bene lo chef tre Stelle Michelin del ristorante La Pergola di Roma che, da quando ha deciso di condividere la sua vita, sia personale che professionale, con la moglie Teresa – che tra le altre cose è anche siciliana, o per meglio dire palermitana – ha dato ulteriormente libero sfogo alla sua vena creativa in cucina . Per lei chef Beck crea piatti sempre nuovi, un continuo fermento, un sentimento che si rispecchia nella scelta di ogni singolo dettaglio. D’altronde i suoi mentori, come lui stesso afferma, non sono altri chef, quanto piuttosto doti e caratteristiche spesso innate: curiosità, passione ed amore.
Tedesco di nascita ma ormai siculo d’adozione: il suo accento tradisce la provenienza alemanna, ma il sorriso è quello che sfoggia ogni buon siciliano. “Non si può scegliere dove nascere, ma si può scegliere dove vivere” e Beck in Italia ci vive bene.
ashbeeE vive bene anche in Sicilia, dove tra l’altro, da alcuni mesi ha dato vita al St. George Restaurant, il suo primo ristorante nell’isola, nato all’interno di una struttura storica ed evocativa come è l’Ashbee, una villa risalente al 1907 realizzata da un progetto dell’architetto inglese Charles Robert Ashbee, una commistione tra Sicilia e Inghilterra, ma in modo del tutto armonioso. Una scommessa per lo chef che è sempre pronto a vivere nuove avventure.


“Credo che sia un artista chiunque sappia fare bene una cosa; cucinare, per esempio”.
Questa citazione di Andy Warhol è una delle frasi preferite di Heinz Beck, e d’altronde il mondo dell’arte è un altro tassello importante della vita dello chef. La sua vena artistica traspare nelle sue creazioni culinarie, e il tutto avviene partendo da molto lontano; infatti quando gli chiedo cosa avrebbe voluto fare da piccolo risponde: “Volevo fare il pittore, ma mio padre non me lo concesse perché non lo considerava un vero mestiere, quindi successivamente ho deciso di frequentare la scuola alberghiera.” Ed è cosi che chef Beck trasferisce nei suoi piatti il suo tocco d’artista, tra pennellate di sapori, abbinamenti di colori e contrasti e mise en place tra spazi pieni e vuoti; piccoli capolavori non solo per il palato ma anche per la vista. Alcuni dei suoi piatti storici sono liberamente ispirati dal mondo dell’arte, come quello che trae ispirazione dalla vena pop di Ugo Nespolo.

fontana-o-pomodoroE anche al St.George Restaurant di Taormina lo chef Giovanni Solofra, responsabile della brigata di cucina (a fianco allo chef Beck da otto anni a Roma, con un passato anche al Duomo di Ciccio Sultano) ha inserito nel menù un piatto in cui l’arte trova la sua espressione: Fontana o Pomodoro, una tartare di tonno avvolta e nascosta tra sette verietà di pomodori diversi; la citazione, nemmeno poi così velata, è ai famosi tagli di Fontana: il piatto infatti va mangiato incidendo la gelatina superiore con uno stecco realizzato con i semi di pomodoro essiccati, riportando quindi alla memoria quelle che sono le famose incisioni sulle tele di Fontana; oltre all’immaginario artistico anche il gusto è molto equilibrato e armonioso.

Chef Beck si ritiene un bravo insegnante per tutti i suoi allievi e si sente un po’ il “padre putativo” di tutti coloro i quali lavorano con lui in giro per il mondo, dall’Italia a Dubai, passando per Tokio. “Con Teresa abbiamo scelto di non avere figli, ma per i miei ragazzi mi sento come un padre: il nostro non è soltanto un rapporto professionale, a volte mi chiamano quando hanno qualche problema, anche sentimentale, e a me piace poterli aiutare. Se un maestro ha tanti discepoli vuol dire che riesce a trasmettere loro buoni insegnamenti.”
brigata
E i suoi discepoli in effetti sono soddisfatti del loro maestro: “Grazie allo chef Beck ho imparato che il mio lavoro può essere uno strumento per essere felice” questo il pensiero dello chef Giovanni Solofra, che unisce alla stima professionale per lo chef Beck anche un sincero affetto per l’uomo Heinz, connubio consolidato negli anni che lo ha portato ad accettare la sfida di Taormina e portare anche in Sicilia la filosofia del suo mentore; nuovi stimoli e nuove opportunità di fare bene.

Per lo chef tristellato il suo miglior piatto è quello che ancora non è stato creato:Non mi innamoro mai completamente di quello che faccio, vado sempre oltre, il mio miglior piatto sarà sempre il prossimo. Il cibo deve emozionare, appagare; è nelle piccole gioie, come quelle del mangiare bene, che si ritrova il senso della nostra vita.
Emozione ma anche prevenzione, altro tema caro allo chef Beck, che già negli anni passati si è occupato di campagne di ricerca per creare menù e ricette che oltre ad essere buone a livello gustativo possano esserlo anche a livello salutare: “oggi il nostro stile di vita ci porta a muoverci meno, e quindi dovremmo avere un’alimentazione consona a tutto ciò, con pochi grassi ma tanta frutta e verdura. Io e mia moglie abbiamo preso l’abitudine di fare la spesa dal fruttivendolo giornalmente per comprare solo quello che mangeremo nel corso di quella giornata: due carote, tre gambi di sedano, due mele… inizialmente la signora dove andavo a comprare frutta e ortaggi mi chiedeva se avessi avuto problemi di soldi o salute, ma ho cercato di spiegargli che era una scelta si per la nostra salute, ma in senso positivo, perché comprare tanto ci porta a mangiare di più, anche per non sprecare, anche quando non è necessario.” E a chi insinua che non sia fattibile da un punto di vista organizzativo, presi dalle nostre routine quotidiane e dai mille impegni giornalieri, ribadisce: “Nella vita è sempre questione di priorità, e la nostra salute dovrebbe stare al primo posto. Organizzare la giornata in modo tale da andare a fare la spesa una volta al giorno richiede di certo meno tempo rispetto a quello che eventualmente ci servirebbe per curarci se dovessimo star male anche a causa della cattiva alimentazione; è questione di scelte, e prima lo capiremo prima riusciremo a vivere meglio.”

Da questa scelta salubre, e non salutista come lui stesso la definisce, è nato circa dieci anni fa un piatto, ancora oggi è attuale:  il risotto al parmigiano ma senza parmigiano: il formaggio viene inserito in una busta e successivamente immerso in una pentola contenente acqua viene portato a bollore; l’acqua di cottura del parmigiano servirà per cuocere il riso che conterrà allo stesso modo i trentasei aminoacidi del formaggio in questione ma sarà totalmente privo di grassi animali.
“Cucinare un buon piatto richiede quasi lo stesso tempo che richiede cucinare un cattivo piatto, quindi perché non fare lo cose bene?” Ed effettivamente il ragionamento dello chef non fa una piega.

Quando infine gli chiedo qual è il suo piatto del cuore, quello che adora mangiare, la sua risposta fa emozionare anche me: è una ricetta siciliana, di una semplicità unica, fatta con ingredienti poveri ma di una bontà infinita: la pasta col tenerume, tra l’altro preparata dalla suocera palermitana.
Il mio personale ricordo di questo piatto è legato alla mia infanzia e alla ricetta di mia nonna, penso alla sua pasta con il tenerume e rivivo un’emozione, dovrò ringraziare lo chef anche per questo. » Angela Amoroso
6 luglio 2017


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