Nel corso della mia avventura da ItaloCatalana non possono mancare i concerti, poco ma sicuro, così come non possono mancare le interviste.
A febbraio ho avuto l’occasione di incontrare Dema dei Talco per una chiacchierata nel backstage di un Razzmatazz che di lì a breve sarebbe stato riempito fino all’ultimo centimetro da persone che si sono fatte travolgere dai ritmi della “punkchanka” che ha fatto amare e conoscere all’estero questo inarrestabile gruppo italiano.
Non perdetevi nessuno dei loro aggiornamenti su acebook.com/talcopatchanka e scoprite cosa ci hanno raccontato.
Come sta andando il tour in giro per l’Europa?
Per adesso tutto bene! Abbiamo fatto le prime quindici date più o meno e devo dire che le nostre aspettative sono state superate perché non ci aspettavamo di fare pienoni in Italia e anche in Spagna c’erano delle sfide un po’ difficili! Alcune sale erano da 2000 persone e abbiamo fatto molti sold out fino ad ora, quindi sta andando tutto alla grande!
Come siete nati e come avete scelto il nome?
Il nome è un po’ demenziale nel senso che all’inizio eravamo degli studenti che facevano canzoni a caso, quando poi il progetto è diventato un po’ più serio abbiamo mantenuto comunque il nome.
Come nasce una vostra canzone? C’è una routine creativa?
Sì! Innanzitutto non abbiamo scadenze; dopodichè io a casa con la chitarra solitamente comincio a trovare il ritornello della voce e il ritornello dei fiati, perché sono quelle le cose su cui a livello artistico si basano i Talco. Una volta funzionate quelle cerco di costruire la struttura, registrando tutto a casa mia con la batteria in midi, dopodiché lo arrangiamo e andiamo in studio a registrarle. Di solito, ad esempio con “Silent Town”, quello che è successo è che avevamo un 20/25 canzoni però abbiamo deciso di registrare un cd volendo valorizzare al massimo le potenzialità di quel disco, non lasciando momenti vuoti. Negli altri dischi (poi essendo mie sono molto critico!) abbiamo lasciato dei momenti in cui si allentava la tensione, in “Silent Town” abbiamo raggiunto l’obiettivo che volevamo all’inizio.
Com’è il rapporto con i vostri fan?
Béh, ne abbiamo due nel backstage adesso! Molto buono! Nei limiti del possibile cerchiamo di stare insieme alla gente dopo i concerti, magari in alcuni casi se siamo troppo stanchi andiamo subito a dormire, ma cerchiamo di stare a contatto con loro quanto più possibile!
In linea di massima cerchiamo di avere quanto più possibile un contatto diretto con la gente: a Madrid siamo stati svegli fino alle sette in aftershow! È importante, è una cosa normale da vivere, ma a volte ho notato che appena un gruppo inizia a fare 500/1000 o 2000 persone crede di essere Bruce Springsteen ed è una cosa che ammazza la musica e il rapporto tra le persone. Tu stai facendo di una tua passione un lavoro, sei fortunato che la gente ti segue, ma devi anche essere grato che quella gente ti segua, altrimenti quel lavoro non lo puoi svolgere!
C’è una domanda che nessuno fa durante le interviste a cui vorresti rispondere per parlare di qualcosa che ti sta a cuore?
Sì, ci sono delle cose che non vengono mai chieste a gruppi come noi perché essendo impegnati politicamente la gente si concentra o sulla carriera o sul lato politico. A noi non hanno mai chiesto molte cose sui nostri rapporti, sul perché abbiamo fatto determinate scelte… ci sono molte cose sul lato intimo e personale, non private, che la gente di solito nelle interviste tende a ignorare!
Avendo fondato i Talco, la cosa su cui abbiamo sempre lavorato e che richiamiamo all’attenzione è il mantenimento di un’etica in tutto quello che facciamo. Siamo un gruppo di amici e la cosa deve rimanere comunque sempre come all’inizio anche se le cose si allargano, entra gente nella famiglia… ci sono delle volte in cui molti gruppi sfruttano l’immagine della “famiglia”, della “crew” e in realtà è un fatto promozionale; a noi che non viene chiesto invece sembra una cosa fondamentale e la viviamo per davvero. Io e il chitarrista ci conosciamo sin dalla nascita; i fiati sono del Centro Italia e anche se non li vediamo tutti i giorni, abbiamo un rapporto molto stretto: non c’è differenza tra musicista e crew, c’è un ambiente familiare che non rendiamo pubblico perché non lo riteniamo un fatto promozionale, ma ci fa strano che la gente ci consideri più un partito politico che una banda di amici! » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
22 aprile 2016
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