Il ‘caso Licata’ approda alla Camera, Capodicasa (Pd): “Dal Governo laconica neutralità”

“Il Governo dovrebbe inviare un segnale, anche simbolico, all’amministrazione comunale e al sindaco di Licata perché rimetta il mandato nelle mani dei cittadini” questa la richiesta espressa, nell’Aula della Camera, da Angelo Capodicasa, deputato del Partito Democratico, nel replicare alla risposta del Governo ad un’interpellanza in cui chiedeva chiarimenti in merito alla situazione amministrativa nel comune di Licata (Agrigento). Lo scorso novembre, il Sindaco, l’assessore comunale ai servizi sociali ed il vice presidente del Consiglio Comunale di Licata sono stati arrestati con l’accusa di corruzione aggravata in concorso per atti contrari ai doveri d’ufficio, secondo l’accusa avrebbero intascato una tangente per lo svolgimento di uno spettacolo in occasione dei festeggiamenti del Santo patrono. Successivamente il GIP, nel revocare le misure cautelari, ha riconosciuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ed ha imposto al Sindaco il divieto di dimora a Licata che, da allora, risiede nella vicina località balneare di San Leone (Agrigento). “Licata è una città della Sicilia, di non secondaria importanza – aggiunge Capodicasa (Pd) – ha un’agricoltura produttiva, una pesca fiorente, ed è interessata da rilevanti investimenti nel settore turistico, non può continuare ad essere privata da una guida amministrativa”. “Sono evidenti le responsabilità della Regione Siciliana che ha sottovalutato e forse, in alcune sue parti, è stata anche complice di tutta questa situazione”. “Tuttavia – continua – vi sono vari ordini di motivi che suggeriscono un qualche intervento del Governo, volto a sottolineare l’insostenibilità dello stato di incertezza e precarietà vissuto dalla città di Licata”. “Si tratta, infatti, di una situazione paradossale, in cui ad una paralisi totale di un’istituzione non corrisponde alcuno strumento giuridico affinché lo Stato possa intervenire e rimettere, di nuovo, il mandato nelle mani dei cittadini. Ciò nonostante – conclude – qualcosa bisognerà pur fare, per questo ritengo deludente l’atteggiamento di laconica neutralità tenuto dal Governo che rimette nelle mani della Regione Siciliana tutte le responsabilità di questa vicenda”. Intanto, in mattinata sono arrivate le ennesime dimissioni di un assessore comunale; si tratta di Angelo Castiglione, nominato assessore appena tre mesi fa, il quale non potendo entrare nelle cronache politiche con quanto fatto in questi tre mesi, rischia di entrare nella storia della politica licatese per la sua lettera di dimissioni, in cui prende atto di non avere le doti necessarie per amministrare: “Da semplice, normale cittadino chiamato in causa, mi è sembrato doveroso mettermi a disposizione della mia comunità sperando di dare un contributo per la risoluzione anche di uno solo degli innumerevoli problemi da cui Licata è soffocata. Mi sono accostato al mondo politico-amministrativo, che mai prima di questa esperienza ho frequentato e mi sarei sognato di frequentare, come tecnico, oserei dire da perfetto dilettante, convinto che per fare bene non necessitassero doti eccezionali, di cui, ahimè, la natura non mi ha dotato. Mi sono illuso che l’impegno, lo spirito di sacrificio e la trasparenza di comportamento avrebbero ripagato”. Intanto, il sindaco Angelo Graci, dal suo buen retiro di San Leone lo ha sostituito a tempo di record con l’avv. Gianfranco Pilato, nato ad Agrigento il 19 luglio 1973 e residente a Grotte. Il sindaco dei record: Pilato è il 23° assessore nominato da Graci, in poco più di due anni e mai nessun sindaco di Licata aveva nominato tanti cittadini di Grotte all’interno della Giunta.
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L’illustrazione dell’interpellanza
La risposta dell’on. Ravetto
La replica dell’on. Capodicasa

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