Gli Anhima, figli legittimi della scena underground fiorentina, muovono i primi passi verso le sonorità tipiche del rock cantato in italiano intorno alla fine degli anni Ottanta e adesso tornano sulle scene con un nuovo album, “La cruna dell’ago”. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro per conoscere meglio non solo la loro musica, ma in generale la loro essenza.
Chi sono gli Anhima e come vi descrivereste a chi ancora non vi conosce?
“Siamo gli Anhima, fratello e come dicevano i Blues Brothers… siamo in missione per conto di Dio, ovviamente! Ahahah… Noi facciamo rock da sempre e una connotazione più precisa mi infastidisce: come diceva Battiato “odio il free rock punk inglese”… Noi abbiamo sempre proseguito per la nostra strada, ma siamo stati etichettati come i Pearl Jam italiani. Intendiamoci: il paragone mi riempie d’orgoglio, eh! Quando scrissero “l’Eddie Wedder nato sulle rive dell’Arno” ebbi una polluzione notturna, ma adesso ci siamo riallacciati al periodo in cui il rock ha lasciato a nostro giudizio un segno più profondo in Italia: gli anni 80, la wave, le sonorità spirito… ma ci tengo a precisare che noi scriviamo prima di tutto canzoni.”
Come è nato “La cruna dell’ago”?
“Ho lavorato un anno a questo album: ho scritto, scritto e scritto. Il best of che abbiamo pubblicato lo scorso anno è stato in classifica sei mesi su Virgin Radio con un estratto “Impossibile Mutazione” e sembra incredibile ma quello che adesso è il nostro produttore, Fabrizio Simoncioni (uno sconosciuto: ha lavorato con Ligabue, Negrita, Gianna Nannini, Carmen Consoli… è dietro a “solo” 57 dischi di platino), ci ha sentiti per radio e ci ha contattati.
“La cruna dell’ago” a nostro giudizio è il punto più stretto da cui può passare la comunicazione della cultura, l’arte e soprattutto la musica, devastata da Internet. Certo il progresso non si può arrestare e guai se non fosse così, ma io credo che vada trovata una soluzione o quello che adesso sembra il mezzo piu democratico e di comunicazione non avrà più niente da comunicare.”
Cosa amate maggiormente della dimensione live?
“La dimensione live è la nostra dimensione: considera che ora non son più i tempi ma ci sono stati momenti in cui gli Anhima hanno fatto anche 140 date l’anno in tutta Italia ma anche in giro, prevalentemente in Francia, ma anche in Canada. Il nostro concerto tende ad essere un ceffone dato bene, ma ci sono anche attimi di dolcezza caratterizzati da chitarra e voce.”
Come vi vedete da qui a 10 anni?
“Vivi? No, perchè qui ne muore uno tutti i giorni… Scherzo, io spero di riuscire a conservare quell’energia, quella rabbia positiva, quella voglia di sperimentare, quella voglia di comunicare che ci ha sempre portato avanti.”
Questa la pagina Facebook dove poter rimanere aggiornati sulle loro novità: www.facebook.com/Anhima » Chiara Colasanti
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18 giugno 2016
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