“Guia sentimental de l’Alguer”: le origini di ItaloCatalana

“Guia sentimental de l’Alguer”: le origini di ItaloCatalana

Sono ufficialmente rientrata dai miei splendidi sei mesi a Barcellona, ma non riesco a smettere di parlarne e non finirò mai di raccontare perché sto cercando in tutti i modi di tornare a vivere nella capitale catalana, dove mi sono trovata a casa come mai mi era capitato prima in giro per il mondo.
Forse però questo amore per Barcellona era già scritto nel mio destino: sono nata ad Alghero, in Sardegna, ultimo baluardo delle conquiste catalane nel Mediterraneo, dove i nomi delle strade sono in catalano e dove si parla ancora un antico catalano del 1500 come variante al sardo.
Ad Alghero sono/siamo (mi inserisco nel novero degli algheresi anche se vivo in città solo qualche settimana o qualche mese all’anno) molto orgogliosi di questo stretto legame con Barcellona e con la Catalogna in generale, ma mai quanto i catalani sono innamorati di Alghero anche senza averla mai vista.
Alla scuola ufficiale di lingue di Barcellona, durante il mese che ho passato a fare il corso estivo intensivo di catalano, ogni volta che dicevo che ero nata ad Alghero, il mio interlocutore si illuminava e cominciava a dire che era una cosa così romantica e così splendida che venissi da quella città che non aveva ancora visitato ma che sognava di vedere. Tutti, dal primo all’ultimo, giuro. Mentre ero in una “Casa del Libre” (l’equivalente di una nostra Feltrinelli, per capirci) in giro per la città negli ultimi giorni, mi è capitato tra le mani un libro che ha catturato subito la mia attenzione: “Guia sentimental de l’Alguer”. Ma è casa mia, quella!
Purtroppo ero già ben oltre il peso consentito per le mie valige e così ho rinunciato a comprarlo in quel contesto, ma una volta arrivata ad Alghero non ho resistito e, appena ho visto il libro nella vetrina della libreria “Il Labirinto”, mi sono portata a casa il libro che mi aveva catturata qualche giorno prima, sullo stesso parallelo, ma a qualche centinaio di chilometri di distanza.
Scoprire poi che l’autore vive e lavora ad Alghero come coordinatore culturale della Delegazione del Governo catalano in Italia è stato un tutt’uno insieme allo scrivergli un messaggio per chiedergli di poterlo intervistare a proposito del libro, di Alghero, del suo lavoro… e così facendo tornare a sentirmi un po’ a Barcellona, come se non fossi davvero partita.
Il libro si apre con una spiegazione sul perché Joan-Elies Adell abbia voluto scrivere questa guida sentimentale di Alghero ed è stato bellissimo ritrovarmi in ogni singola parola, non solo quelle in cui si raccontano le storie della città e i suoi luoghi più interessanti e meno conosciuti, ma anche quelle delle relazioni con la Catalogna in generale.
“Quando sono in Catalogna e conosco qualcuno con cui parlo per la prima volta, quando la conversazione arriva alla domanda su dove vivo e gli rispondo che vivo ad Alghero, in Sardegna, un sorriso nasce irrefrenabile e gli si illuminano gli occhi. È una sensazione molto speciale, preziosa e significativa. Immagino che agli algheresi che viaggiano in Catalogna capiti spesso, però con un effetto ancor più accentuato. Non è la stessa cosa parlare con un valenziano di Vinaròs “esiliato” nella Barceloneta italiana, che parlare con un algherese “di razza”, con la sua forma particolare e genuina di parlare la nostra lingua, con il suo accento pieno di toni sardi e musicalità italiana.”

Chi è Joan-Elies Adell e come è arrivato ad Alghero?
“Uh, che domanda! Vediamo: chi sono? Sono il direttore di quest’ufficio del Governo di Catalogna qui ad Alghero e come ci sono arrivato? È stato un incarico che mi hanno affidato quasi sette anni fa, quando hanno aperto questa delegazione e ho accettato la sfida di dirigere questa avventura, ovvero promuovere il mio Paese in un territorio nazionalmente sardo, ma culturalmente catalano.”

Cosa fa nel corso di una giornata di lavoro? Qual è la sua routine?
“Normalmente veniamo qui a gestire le questioni pendenti a cui lavoriamo in relazione agli aspetti su cui lavoriamo con il comune di Alghero, la Regione Autonoma della Sardegna, cose che facciamo anche in collaborazione con la Delegazione del Governo catalano a Roma. I giorni passano così: organizzando visite, ricevendo persone che propongono iniziative che possono essere interessanti da approfondire… basicamente si tratta di queste attività.”

Come è iniziata la sua carriera di scrittore, invece?
“Nella mia altra vita, come dico sempre, ero professore di letteratura, lavoravo all’università di Valencia; sono dottore in filologia e per questo la letteratura ha sempre fatto parte della mia vita. Scrivo libri di poesia e ora ho scritto una guida sentimentale di Alghero.”

Progetti per il futuro? Altri libri?
“Come scrittore è appena uscita una traduzione di un grande poeta italiano, Milo De Angelis, che abbiamo tradotto in catalano ed è un progetto importante, lo abbiamo presentato da poco a Barcellona e la mia traiettoria professionale è molto tranquilla; non ho grandi progetti: tra le mani ho un libro di poesie, vediamo se e quando lo finirò, però sempre con un ritmo molto tranquillo.
Nel caso della Guida sentimentale è stato un incarico della casa editrice che mi ha chiesto di scrivere una guida differente su Alghero e per me è stata una vera e propria sfida: ho sofferto e ho goduto allo stesso tempo di scrivere questo libro.”

Quando scrive qual è la sua modalità di lavoro?
“Ci sono due maniere di pensare un libro di poesia: molte volte vedi la struttura del libro, vedi quello di cui vuoi parlare e a partire da qui si va creando; altre volte invece scrivi poesie, vivi situazioni della vita che ti portano a sentire la necessità di scrivere una poesia e dopo, quando ne hai diversi, costruisci la struttura del libro. I miei primi libri sono di questa seconda “specie”, più accumulativi, diciamo; gli ultimi libri che ho pubblicato invece sono più “architettonici”, partendo da un tema generale, sono state elaborate diverse poesie.”

Quanto tempo ci ha impiegato a scrivere la “Guia sentimental de l’Alguer”?
“L’incarico è di due anni fa; pensavo che sarebbe stato molto più rapido: bene, devo scrivere una guida, mi metto a descrivere la città, parlo dei luoghi più belli da visitare… però dopo devi renderti conto che devi avere una prospettiva diversa, adottare uno sguardo soggettiva, ma al tempo stesso oggettiva perché le persone devono conoscere la città. Quindi da una parte dai informazioni che possano servire per sapere dove sia la piazza più interessante, dove dirigersi per vedere i monumenti o le cose più importanti da vedere, però allo stesso tempo devi anche dare la tua visione personale. Nel caso di Alghero poi ho pensato che fosse necessario dare un po’ di cenni storici della città: ci sono già molti libri che parlano della storia di Alghero, però ci si è resi conto che i visitatori catalani che arrivano sanno poco della storia della città. Era necessario quindi fare una piccola storia della città, soprattutto in relazione alla Catalogna: ho provato di fare un po’ anche questo. Non è stato un libro che ha avuto un inizio e una fine mentre scrivevo: ogni parte aveva bisogno del suo spazio e del suo tempo. C’è anche una sezione dedicata alla lingua, che è fondamentale: l’ho costruito un po’ come si costruisce un mosaico, posando pezzi, uno dietro l’altro, sperando che venisse fuori una cosa che potesse piacere ai lettori.”

Cosa le manca maggiormente della Catalogna?
“La verità è che per motivi di lavoro viaggio spesso a Barcellona, avevamo anche un aeroporto che fino a qualche tempo fa collegava benissimo Alghero alla Catalogna. Non mi manca nulla, anche se dal punto di vista gastronomico sicuramente mi manca il pa amb tomàquet, però puoi anche farlo a casa: qui c’è pane buonissimo e ottimi pomodori, buon sale e buon olio! Se mi manca è solo una questione di abitudine e c’è la pigrizia di non farselo a casa, no? Siamo anche in una epoca in cui grazie a internet, anche mentalmente, siamo tutti molto collegati: non mi manca nulla di speciale. Oltretutto, per un buon settanta per cento della mia giornata lavorativa parlo in catalano con le persone che vengono a sottoporci dei progetti: solitamente parlano tutti in catalano. La mia vita è abbastanza in lingua catalana: non mi manca nulla di particolare, anche se è ovvio che in una città come Barcellona o come Roma, la vita culturale è molto differente da quella algherese, che è comunque molto ricca.”

“Guia sentimental de l’Alguer”
Pòrtic (www.portic.cat)
198 pagine
17 euro » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
4 ottobre 2016

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