Grand Budapest Hotel: quando il racconto nel racconto si fa film

Grand Budapest Hotel: quando il racconto nel racconto si fa film

Wes Anderson è tornato e chiunque sia andato a vedere Grand Budapest Hotel può confermare.
Il film è ispirato alle opere di Stefan Zweig e lo stratagemma del racconto nel racconto è qualcosa di incredibilmente calzante e coinvolgente: lo spettatore si trova catapultato fisicamente nelle atmosfere dell’Europa di inizio Novecento, nell’immaginaria Repubblica di Zubrowka.
L’ambientazione sembra ispirata alle carte da zucchero che imperversavano in quel periodo e alcune scene ricordano incredibilmente i libri pop-up per i più piccoli, similitudine che, in effetti, potrebbe rivelarsi tra le più calzanti.
La storia (o meglio, le storie nella storia) è tanto surreale da poter essere realistica e da poterci credere senza troppe difficoltà, ma uscendo dalla sala si ha proprio l’impressione di aver assistito al racconto di un anziano signore al nipote, prima di metterlo a dormire.
Una bellissima fiaba della buonanotte: avventura, romanticismo, mistero, delitti e intrighi si ingarbugliano fino all’inverosimile, per poi sciogliersi con una facilità disarmante prima dei titoli di coda.

Un cast spettacolare per una produzione con un budget di 23 milioni di euro: Ralph Fiennes, Bill Murray, Edward Norton, Jude Law, Owen Wilson, Adrien Brody, Tom Wilkinson, Karl Markovics e molti, molti altri.
Un film che merita decisamente di essere gustato, come si gusta un dolce di una pasticceria specializzata giusto in quella goloseria particolare, per soddisfare la propria golosità, con delicatezza e partecipazione molto sentita. » Chiara Colasanti
TW @lady_iron
24 maggio 2014

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