Gorbaciof



CINEMA
– Marino Pacileo, un Tony Servillo superlativo, è il cassiere di Poggioreale. La voglia sulla fronte gli ha imposto il soprannome di Gorbaciof. È un uomo di poche parole, dondola spedito e fiero, con una camminata alla Charlot, per le strade di Napoli, attorno alla stazione centrale. Vive in una squallida e misera alienazione, non parla con nessuno: solo qualche sguardo obliquo. Del resto la sua passione principale è il poker, e lì non servono tante parole.
Indossa sempre una giacca troppo stretta, sopra un maglietta mezzemaniche, le basette e i capelli troppo lunghi, unti e bisunti. È ridicolo, ma fiero e al di sopra dell’umanità allo stesso tempo. Non si mischia certo con i carcerati, né tanto meno con le guardie carcerarie con cui è costretto a lavorare. Disprezza i suoi compagni di poker, con cui si cimenta in lunghissime partite notturne nel retrobottega di un ristorante cinese. Qui si innamora di Lila (Mi Yang), bellissima figlia del proprietario del ristorante, che è ha un grosso debito di gioco con il cinico avvocato (Geppy Gleijese).
Anche Lila non parla molto, non capisce una parola d’italiano, ma poco importa: l’amore di Gorbaciof è un amore infantile, ingenuo, fatto di sguardi, di sorrisi, di piccoli gesti, di regali disinteressati. Comincia con il pagare i debiti di gioco del padre. Lila ricambia il suo affetto. Ma con la fortuna in amore viene meno quella al tavolo verde. Gorbaciof comincia a perdere: prende in “prestito” dei soldi dalla cassa del carcere. Continua a perdere, e a pagare i debiti del padre della sua amata, per coprire l’ammanco della cassa è costretto a ricorre ad una guarda carceraria che per arrotondare fa l’usuraio (Nello Mascia, bravissimo). Entra in una spirale dalla quale sarà difficile uscire. Braccato dal guardaspalle del cinico avvocato (Gaetano Bruno molto bravo anche lui) decide di fuggire e di portare via con sé Lila. Ma… nel finale una smaccata citazione da Pulp Fiction.
A Venezia era, inspiegabilmente, fuori concorso. Probabilmente avrà i meritati riconoscimenti al Toronto Film Festival al quale parteciperà.
Toni Servillo, il più grande attore italiano, sembra capace di trasformare in oro tutto quello che tocca. La potenza espressiva del film si deve alla forza della sua recitazione, giocato tutta sui silenzi e sugli sguardi. Gorbaciof è feroce, tragico, miserabile ma sopra ogni cosa è comico. L’interpretazione di Servillo che mette fra le strade di Napoli un moderno Charlot, è molto più che un omaggio a Chaplin. A Diego De Silva, che ha sfrondato la sceneggiatura, insieme al regista Stefano Incerti, per fare spazio a questo personaggio imponente và il merito di averci regalato la più bella pellicola in circolazione. Le interpretazioni degne di nota di tutto il cast, sono il segno di un lavoro svolto egregiamente dal regista. Che ha evidentemente saputo dare ad ogni attore la possibilità di dare il meglio di sé. Nello Mascia è inarrivabile, ma tutti gli altri, anche chi riveste un ruolo marginale, coglie nel segno.
Gorbaciof è sicuramente “una tigre fra le scimmie”.


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