L’intervista: Pino Cuttaia “Per le scale di Sicilia”

L’intervista: Pino Cuttaia “Per le scale di Sicilia”

“C’è un ingrediente che non manca mai nei miei piatti e che consente di riconoscerli. Il mio ingrediente segreto è la memoria. Ognuno dei miei piatti contiene almeno un pizzico di memoria e con la sua semplicità, prova a raccontare una storia”. Comincia così il primo libro di Pino Cuttaia, lo chef due stelle Michelin edito da Giunti.
Il libro dello chef siciliano Pino Cuttaia a inaugura la direzione scientifica dell’enogastronomia Giunti da parte di Marco Bolasco, che ne firma la prefazione.
Per le scale di Sicilia è la narrazione in forma verbale e fotografica dell’esperienza umana e professionale del cuoco che da Licata è riuscito ad attirare l’attenzione della critica gastronomica più qualificata, raggiungendo le due Stelle Michelin con il suo ristorante La Madia.
Nel cuore del profondo Sud, sulla costa che guarda il Canale di Sicilia, fra il barocco ragusano e i templi di Agrigento, Pino Cuttaia propone una cucina di altissimo valore, che attinge alle radici antiche di questi luoghi. Nascono, le sue creazioni, dalla memoria di una Sicilia in bianco e nero nutrita dei ricordi d’infanzia, di una cultura popolare che intreccia istintivamente terra e mare, il mondo dei pescatori e quello dei contadini: profumi, sapori, gesti perduti nel tempo ma che è facile ritrovare dietro ognuno dei suoi piatti.
Piatti indissolubilmente legati alla tradizione, resi unici dall’ingrediente segreto della memoria unito a una forte impronta creativa e a una capacità tecnica sorprendente.
Il libro che Giunti gli dedica è in piena sintonia con questa sensibilità, un volume particolare che rinnova la formula della monografia d’alta cucina.
Alla presentazione delle ricette si affiancano emozionanti racconti: ed una narrazione fatta di fotografie di paesaggi, luoghi, persone, mestieri che svelano la poliedrica personalità dello chef.
Il risultato: il ritratto di un vero protagonista della scena gastronomica internazionale ed una Sicilia piena di vita, fatta di gesti e di storie.
Il nostro direttore lo ha incontrato per farsi raccontare come ha visto la luce questo progetto che è più di un semplice libro.

Pino Cuttaia “Per le scale di Sicilia” non è solo un libro di cucina e ricette, ma è una pubblicazione che mette insieme cibo, racconti e fotografia: come è nato?
Questo libro nasce soprattutto dai racconti, dalle storie che ognuno di noi porta dentro di sé e che, per un motivo od un altro, ad un certo punto si tirano fuori attraverso qualcosa, nel mio caso il cibo.
Quando è maturata l’idea di scrivere “Per le scale di Sicilia” avevo chiaro che non volevo fare solo un libro di ricette ma anche di racconti che potessero rievocare gesti di famiglia, gesti di un bambino, gesti di una Sicilia lontana che vive attraverso la memoria.
Hai scelto un titolo sicuramente particolare per il tuo libro, ci spieghi cosa significa e come si lega al cibo?
In realtà è un titolo che ha a che fare poco con il cibo ma si lega ad alcuni momenti della mia vita. L’architettura delle case nelle nostre zone ci racconta una Sicilia che non ha il giardino davanti le abitazioni ma ha le scale. Tutte le case hanno davanti o vicino a se dei gradini ed il primo approccio verso l’esterno è sedersi sui gradini di casa, che rimane sempre un gesto a metà: di uscita ma ancorato alla protezione della famiglia.
Inoltre le scale sono legate ai profumi ed alla memoria. Uno dei racconti, ad esempio, parla del profumo della polpetta fritta che si sente la domenica sulle scale.
Le scale, infine, come emblema della vita e della morte. Un altro racconto narra le vicende di una Sicilia lontana, legate alla morte. Quando moriva qualcuno, infatti, la bara doveva scendere per le scale, tuttavia, le famiglie povere che non avevano una scala abbastanza larga per far passare la bara erano costrette a calare il cadavere con le lenzuola. Questo elemento tracciava la soglia tra una famiglia povera da una agiata. Così, la prima cosa che faceva una famiglia che aveva ottenuto il riscatto sociale era quella di costruire una scala più grande per poter avere una morte dignitosa.
Nel libro parli del tuo ingrediente segreto: la memoria.  Puoi spiegarci come questo incide sui tuoi piatti?
La memoria ha a che fare con delle cose che ormai non esistono più e solo attraverso un profumo, degli indizi, un gesto si possono tirare fuori. Li possiamo chiamare anche segreti ma l’ingrediente che non manca mai è quel pizzico di memoria che riesce a trasformare un piatto.
Tra le ricette che presenti nel libro qual è quella a cui sei più legato?
La cucina degli avanzi. Perché è quella cucina alla quale diamo spesso poco valore ed invece è può sprigionare sapori e ricordi. L’avanzo è visto come qualcosa che era messo da parte, invece, è qualcosa che alle volte era cucinato in più appositamente perché doveva servire per il giorno successivo. Allora, negli avanzi, scopriamo sapori nuovi che sono fatti di consistenze, di temperature, e che poi nella mia cucina è diventato anche un’illusione. Una cucina degli avanzi che poteva essere e non è, una cucina che utilizza ingredienti che poi diventano un’altra cosa. » Giuseppe La Rocca
TW @giularo
28 gennaio 2015

Pino Cuttaia
Per le scale di Sicilia
Racconti di Francesco Lauricella | Prefazione di Marco Bolasco
Fotografie di Davide Dutto
Giunti Editore
288 pagine 35 €

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